di Martina Giacalone e Rosalba Giacalone
L'essere umano è homo sapiens e homo dicens. Raccontare è esistere, avere un ruolo nel mondo, anche nel microcosmo in cui si vive.
Scrivere è raccontare. La nascita della scrittura è stata una svolta talmente epocale nella vita dell'uomo, che gli studiosi fanno iniziare la storia a partire da tale evento.
E sebbene l'appellativo di scrittore si usi solo per chi raggiunge una certa notorietà pubblicando le proprie opere, tutti, però, siamo scrittori. Tutti scriviamo. Impariamo da bambini ed usiamo caratteri e lettere delle nostre lingue per dare una forma, rendere consistenti, visibili, pensieri, opinioni...
Ma, al di là dell'ovvio bisogno pratico, perché l'uomo scrive?
Gesualdo Bufalino diceva che "la scrittura è tre cose: religione, medicina e amore".
L'uomo, cioè, scrive per confessarsi, raccontare di sé. Inevitabilmente, infatti, si scrive di ciò che si conosce, si trasfigurano le proprie esperienze.
E non ci riferiamo solo ad opere come le Confessiones di sant'Agostino, il Secretum di Petrarca o... l'autobiografia del personaggio del momento.
Anche scegliere una parola piuttosto che un'altra, descrivere un certo luogo, una particolare sensazione, rivelano qualcosa di chi scrive.
Per dire che scrivere è una medicina non possiamo non citare La coscienza di Zeno di Italo Svevo. Il protagonista viene invitato dal suo dottore a mettere per iscritto la propria vita per guarire dalla propria malattia.
Dunque scrivere è catartico e molti lo fanno affidando i propri pensieri ad un diario. Anna Frank lo fece per uscire dal dramma...
Infine, scrivere è creare: storie, personaggi, luoghi... Pensiamo a Salgari, a Verne o alla Sicilia reale ed immaginaria di Camilleri.
Chiunque dà vita lo fa per amore. E la creatività, intesa non solo a livello artistico, ma anche come donare l'esistenza, è la scintilla di Dio nella nostra anima.